Sempre più emigranti tra i giovani italiani

Il 2024 ha registrato un nuovo incremento dell’emigrazione degli italiani. Secondo i dati dell’Istat le cancellazioni per l’estero sono infatti state 156 mila con un aumento del 36,5% rispetto al 2023. Un flusso composto in larga parte da giovani e in cui sono sempre più numerosi i laureati. Questa ripresa del fenomeno viene analizzata da Corrado Bonifazi e Salvatore Strozza.

Le tendenze del fenomeno

L’emigrazione italiana è tornata ad aumentare dal 2011, in seguito alla crisi del debito sovrano che ha colpito soprattutto i paesi dell’Europa meridionale (Fig. 1). In quel periodo si è iniziato ad assistere a un flusso diretto soprattutto verso i Paesi dell’Europa centrale e settentrionale che, almeno per certi versi, ha ricordato la grande emigrazione degli anni cinquanta e sessanta del secolo scorso (Bonifazi e Heins 2019). Questa ripresa dell’emigrazione è in fondo comprensibile considerando la profonda crisi economica di quegli anni. Appare invece più preoccupante che la crescita delle uscite e dei saldi migratori negativi si sia ripresentata dopo la pandemia, in una situazione in cui l’economia italiana sta crescendo, anche se di poco, e in cui l’occupazione anche giovanile sta migliorando (Bonifazi 2025). Sull’aumento del 2024 può aver pesato il nuovo regime sanzionatorio per la mancata iscrizione all’Aire (Anagrafe degli italiani residenti all’estero) nei tempi previsti, introdotto con la Legge di Bilancio per il 2024 (n. 213 del 2023) (Istat 2025b). Appare però evidente un ritardo complessivo del nostro Paese rispetto ai vicini che va oltre i fattori congiunturali o amministrativi. Pesano, in questo senso, le differenze salariali e le difficoltà oggettive che i giovani incontrano per farsi spazio nel mercato del lavoro e nella società e che, evidentemente, ritengono meno cogenti in altre realtà.

Negli ultimi anni si è inoltre registrato un aumento degli emigrati nella fascia di età tra 18 e 39 anni. Una classe da cui, per ragioni abbastanza comprensibili, proviene in quasi ogni flusso il numero maggiore di emigrati, ma che in questi anni ha visto aumentare il proprio peso, passato dal 51,7% del 2010 al 60% del 2024. Fra l’altro, l’incremento, sia in termini assoluti che relativi, è avvenuto in un periodo in cui questa fascia anagrafica di popolazione si è ridotta perdendo in 14 anni quasi 3 milioni di italiani residenti. Di conseguenza, nello stesso intervallo di tempo, il relativo tasso d’emigrazione è passato dall’1,4‰ al 7,9‰.

Siamo in effetti in presenza di un’emigrazione sempre più “economica” e legata a motivi di lavoro. Le persone di 18-39 anni hanno motivazioni economiche più solide e maggiori energie per affrontare il trasferimento in un altro Paese. Fino al 2011 una quota significativa di espatri era ancora in qualche modo legata ai rapporti con le collettività italiane all’estero, soprattutto in Europa. Queste comunità mantenevano relazioni con l’Italia che poi generavano flussi migratori. Dopo la crisi del 2011, l’emigrazione italiana appare invece sempre più legata all’aspetto lavorativo, mettendo in secondo piano i legami familiari. E questo cambiamento contribuisce a spiegare l’aumento del peso della componente più giovane nel contingente di coloro che lasciano l’Italia.

Un paese sempre meno per laureati

Altro fattore rilevante dei flussi degli ultimi anni è rappresentato dall’aumento delle partenze dei giovani laureati (Fig. 2). Nel 2023 tra i 25 e i 34 anni di età gli italiani con una istruzione universitaria che hanno lasciato il nostro paese sono stati più di ventimila e hanno rappresentato quasi il 51% delle partenze di persone appartenenti a questa classe di età. Un aumento di quasi venti punti percentuali rispetto a quanto avveniva sino al 2018, con flussi di emigrazione giovanile che sino ad allora presentavano una composizione per titolo di studio più equilibrata, con un peso maggiore delle persone con livello di istruzione medio e basso.

In generale, in poco più di vent’anni i laureati sono passati da meno del 15% ad oltre il 40% degli emigrati italiani di 25-64 anni, con una proporzione che ha raggiunto di recente la metà dei casi tra quelli più giovani (25-39 anni). Anche tra i non laureati in età lavorativa (25-64 anni) la propensione a lasciare il Paese è aumentata, ma tra i laureati la crescita è stata più marcata e il divario tra i due gruppi si è allargato (Fig. 3). Si tratta di un fenomeno già segnalato (Impicciatore e Strozza 2015), ma che di recente si è ulteriormente amplificato. Nonostante il declino della popolazione in età lavorativa, proprio le persone con maggiore capitale umano sono quelle più propense a partire, confidando in chance professionali e personali al di fuori dei confini nazionali.

L’Europa come meta e il Nord Italia come origine

Siamo nel complesso un Paese che verso i giovani si presenta meno accogliente e disponibile di quanto non lo siano molti nostri partner dell’Unione europea (Ue). E questo nostro svantaggio comparativo produce evidentemente effetti chiari, dal momento che facciamo parte di un’area di libera circolazione all’interno della quale non è così complicato spostarsi. Il risultato è che, nonostante le recenti tendenze positive dell’occupazione, anche di quella giovanile, siamo arrivati nel 2024 a 155 mila partenze, e soprattutto presentiamo da anni un saldo migratorio negativo con tutti gli altri principali paesi dell’Ue (Fig. 4).

Un’importante differenza rispetto al passato è anche geografica. Una volta l’emigrazione italiana all’estero proveniva soprattutto dal Mezzogiorno, oggi sono soprattutto residenti nel centro-nord Italia ad andarsene, persone geograficamente e lavorativamente più vicine ai mercati del Nord Europa. È un cambiamento importante rispetto al secolo scorso, già evidente da alcuni anni (Impicciatore e Strozza 2015). Fin dalla fine del primo decennio di questo secolo e per tutti gli anni a seguire i tassi di emigratorietà degli italiani hanno fatto registrare i valori più elevati nelle due ripartizioni settentrionali e quelli più bassi dai residenti nelle regioni del Sud della penisola (Fig. 5).

Arrivano da stranieri e vanno via da italiani

Un altro aspetto interessante del nuovo fenomeno migratorio italiano è che tra coloro che se ne vanno c’è una quota consistente e crescente di nuovi italiani, cioè di stranieri che hanno preso la cittadinanza del Bel Paese, di prima e di seconda generazione migratoria (immigrati e loro figli). Tra questi c’è una propensione a emigrare più alta che nel resto della popolazione (Strozza et al. 2021), sia perché vengono da contesti in cui l’emigrazione è presente nella storia familiare sia perché possono avere un interesse più diretto a ricongiungersi ad altri membri della famiglia residenti altrove. Questo fatto, se vogliamo, dimostra un’altra debolezza italiana: finiamo per perdere anche persone che si sono inserite e integrate.

Per saperne di più

Bonifazi C., Heins F., “Di nuovo emigranti”, in Neodemos, 12 Aprile 2019.

Bonifazi C., “Istruzione e Lavoro. Cresce l’occupazione restano i ritardi di fondo”, in Neodemos, 17 Giugno 2025.

Strozza S., Conti C., Tucci E., Nuovi cittadini. Diventare italiani nell’era della globalizzazione, il Mulino, Bologna, 2021.

Impicciatore R., Strozza S., “Migrazioni internazionali e interne di italiani e stranieri”, in De Rose A., Strozza S. (a cura di), Rapporto sulla popolazione. L’Italia nella crisi economica, il Mulino, Bologna, pp. 109-140.

Istat, Rapporto annuale 2025. La situazione del paese, Roma, 2025a.

Istat, Gli italiani residenti all’estero. Anni 2023-2024, Statistiche today, 23 luglio 2025b.

 

 

FONTE: https://www.neodemos.info/2025/09/16/sempre-piu-emigranti-tra-i-giovani-italiani/