Aigues Mortes: Un romanzo di Ugo Boggero ripercorre la tragica aggressione del 1893 agli italiani delle saline

“E’ la storia di Lina, una ragazza diciottenne, sposata con un marito violento che decide di fuggire dalla natia Borgomaro, alle pendici del col di Nava, con il figlioletto di pochi mesi, per espatriare in Francia. Ci riesce, con un gruppo di disperati come lei guidati da uno spallone francese. Nel corso del viaggio a piedi ed al freddo sulle alpi che dividono Italia e Francia, conosce Bastiano un forte e buon ragazzo, nativo di Napoli, che la convince a proseguire il viaggio con lui, che si reca ad Aigues Mortes, per trovare lavoro nelle locali saline. Giunti sul luogo vengono accolti benevolmente da Denise Fontaine, la proprietaria della locale boulangerie (panetteria) che affitta loro anche una bella stanza. Sono convinti che comincerà per loro una nuova vita, ma verrano travolti dalla violenza scatenata contro i lavoratori italiani, accusati di portare via il lavoro ai francesi e di essere sporchi e rozzi. Sarà una strage. Lina e Bastiano riusciranno a sfuggire a quel destino?

Perché ho scritto questo libro?

Ho preso spunto dalle ricerche storiche di Enzo Barnaba che sulla strage di Aigues Mortes ha ricostruito con passione i fatti tanto drammatici e mi sono pure ispirato al finale del film di Pietro Germi “Il cammino della speranza” con il suo carico di sofferenza e di aspettative di un futuro meno gramo. Con questo romanzo vorrei contribuire a far conoscere le drammatiche sofferenze, i pregiudizi che dovettero subire nostri migranti in cerca di una vita migliore.”

Il libro è realizzato in crowdfounding. Il sito per la prenotazione della versione cartacea o digitale è raggiungibile al seguente link:

Aigues Mortes

Ugo Boggero
Nato nel 1950. Diplomanto all’ istituto magistrale di Novara. Laureato in Pedagogia. Ex consigliere comunale a Novara e assessore provinciale. Ha lavorato, nei primi anni novanta a Parigi. Successivamente è stato segretario generale della FILEF. Ha insegnato per vent’anni come maestro elementare a Novara. Aigues Mortes nasce dall’impegno per l’emigrazione italiana e la passione dello scrivere.

 


 

L’inizio degli scontri

“Il tramonto stava allungando le prime ombre tra i vicoli della città, i raggi del sole calante abbagliavano obliquamente gli occhi di quanti si attardavano nel labirinto delle vecchie strade del centro. In questo crepuscolo dai colori senza sfumature, la vecchia Elena, che aveva seguito il figlio, con la nuora ed il nipotino, da Mondovì ad Aigues Mortes, ignara di quanto stava maturando, rientrava a casa con la sporta piena di verdura. dopo aver fatto la spesa, Doveva affrettarsi per preparare il minestrone, di li a poco sarebbe rientrato suo figlio dalla salina, come sempre affamato come un lupo.

Ebbe però la sfortuna di imbattersi in una squadra di lavoratori delle saline, di facinorosi che volevano vendicarsi degli italiani. Ebbe anche la sfortuna di essere riconosciuta da uno di questi, un vagabondo a cui a volte aveva anche dato una piccola elemosina. Lei ormai abitava con la famiglia ad Aigues Mortes stabilmente, suo figlio non era più uno stagionale che ogni anno viaggiava dall’Italia alla Francia, d’autunno lavorava alla vendemmia, d’inverno curava un campo fuori le mura abbastanza redditizio da produrre di che sfamare i suoi cari per tutto l’anno. D’estate si impegnava in salina.

Come tutte le donne di origine italiana non parlava molto con gli estranei, per cui il suo francese era limitato, giusto quel poco per farsi capire, tra parole quasi balbettate e gesti, eloquenti più delle prime. In una viuzza del centro venne circondata da una decina di energumeni. Lei piccola e rugosa, con una vera e propria rete di solchi marcati che segnavano un viso avvezzo alle sofferenze di una vita dura, si trovò in mezzo a uomini in preda all’ira più rancorosa. Non immaginava ciò che stava per scatenarsi, per cui i suoi grandi occhi neri non tradivano paura.

“Vecchia non dovrebbe essere l’ora di stare in casa, per le donne per bene?” Disse uno di essi, avvicinandosi con il volto fino ad alitarle addosso una zaffata di vino rancido e mal digerito.

La donna che non capiva bene il francese, abbozzò un sorriso, intimidita dal tono aggressivo dell’uomo.

“Non ridere troia italiana!” Esclamò un altro dandole una spinta sulla spalla che quasi la fece cadere. Elena indietreggiò preoccupata, e: “Che volete? Cosa vi ho fatto? Perché mi spingete?” Disse allarmata nel suo strano gergo fatto di francese e di dialetto di Mondovì.

Poi riconobbe il vagabondo che aveva in più occasioni aiutato sfamandolo a volte, a volte offrendogli piccole somme in denaro.

“Diglielo tu ai tuoi compari che non ti ho mai fatto del male, che non ho mai fatto del male a nessuno -mentre pronunciava queste parole la voce le si ruppe per la paura- diglielo che ti ho aiutato sempre quando ho potuto…”

Si strinse nelle spalle, mentre le parole le si soffocarono in gola per l’angoscia. L’uomo forse imbarazzato per essere stato riconosciuto, forse con la coscienza che gli rimordeva per partecipare all’aggressione alla donna gentile che aveva sempre avuto gesti di solidarietà nei suoi confronti, che lo aveva più volte sfamato, ebbe una reazione inaspettata.

“Questa maledetta merita di essere cacciata, suo figlio mi ha portato via il lavoro e lei sprezzante mi ha sempre fatto un’elemosina pelosa.”

Le si accostò e improvvisamente le sferrò un violento pugno sul volto facendola stramazzare a terra. Elena, stordita, iniziò a piangere mentre sputava sangue, cercando di alzarsi puntando una mano sul terreno, mentre con l’altra si reggeva la bocca ferita.”