Sono i ricchi il vero pericolo per la democrazia

Non quello che l’ex presidente americano George W. Bush ha battezzato “l’asse del male”, non Vladimir Putin, né il terrorismo, né tantomeno le migrazioni. Non sono questi, come ci raccontano, i più grandi pericoli che incombono sulla democrazia. Ciò che sta uccidendo il sistema democratico è invece l’erosione  delle sue istituzioni messa in pratica sistematicamente da una oligarchia di super-ricchi, che ormai controllano e piegano al proprio volere l’intera infrastruttura democratica e minano alla base i pilastri su cui essa si poggia, come l’informazione libera, i corpi intermedi, la politica, lo stato sociale.

Favorita dal processo di accentramento della ricchezza e del reddito innescato dal neoliberismo, questa oligarchia sta costruendo un potere che svuota dall’interno il processo democratico e allarga a dismisura le disuguaglianze, con lo scopo di mantenere un sistema di privilegi e creare attorno ad essi un consenso ideologico.

Come spiega bene l’economista Emiliano Brancaccio nel suo Democrazia sotto assedio, “la centralizzazione capitalistica spinge verso un accentramento del potere, non solo economico ma a lungo andare anche politico, e per questo è destinato a compromettere la divisione dei poteri e il sistema dei diritti su cui reggono le democrazie liberali contemporanee”. Ad oggi, spiega ancora Brancaccio, “la proprietà delle imprese quotate a livello internazionale è concentrata nelle mani di un nucleo ristrettissimo di azionisti”. In particolare, nel 2016, l’80% del valore del mercato azionario globale era controllato solo dall’1% degli azionisti.

L’accelerazione di questa deriva, causata anche dalle crisi sempre più ravvicinate e devastanti dell’ultimo ventennio, ha già prodotto uno smantellamento sistematico dello stato sociale nei Paesi occidentali che va di pari passo con la crescita delle disuguaglianze e con l’immobilizzazione dell’ascensore sociale. Effetti ben descritti nei loro studi oltre che da Brancaccio, anche Luciano Gallino, Thomas Piketty e tantissimi altri. E tutto ciò è stato possibile anche per la mancanza di un’efficace alternativa prodotta dal sistema democratico, che si dimostra carente di valide risorse politiche e ideologiche per contrastare il fenomeno.

Anzi, secondo l’ultimo rapporto Oxfam, a livello globale le 5 persone più ricche del mondo hanno raddoppiato le proprie fortune dal 2020, mentre 4,8 miliardi di persone (ben più della metà della popolazione) sono più povere oggi rispetto al 2019.

Tra i Paesi in Ue dove questi divari si stanno ampliando con maggiore velocità c’è proprio l’Italia. Come spiegato da un recente studio di Openpolis, che ha elaborato dati di Banca d’Italia e Istat, in Italia l’1% dei super-ricchi detiene il 13,6% di tutto il reddito nazionale e, tra il 1980 e il 2022, la Penisola ha registrato il più marcato accentramento delle ricchezze in UE: +7,4%.

Non stupisce dunque che proprio in Italia ci sia ormai da tempo una fortissima spinta per diminuire le tasse ai più ricchi, non si combatta efficacemente l’evasione fiscale, che infatti dilaga, vigano enormi sacche di privilegio intoccabili e si punti allo smantellamento sistematico dello stato sociale, della sanità, dell’istruzione e dei poteri che potrebbero contrastare in qualche modo gli squilibri crescenti, come quello della magistratura e del presidente della Repubblica, sempre più nel mirino. E’ l’effetto del potere di quell’1% sulla politica e sulle istituzioni, che sta scardinando lo Stato e rendendo un guscio vuoto la nostra democrazia.

Coordinamento nazionale FILEF