Gli Anarchici nella Resistenza

Decisa è la partecipazione degli anarchici alla resistenza, soprattutto se consideriamo che in quegli anni gli anarchici erano divisi tra carcere, confino ed esilio. Nonostante questo, in tutto il nord Italia la presenza degli anarchici nella lotta partigiana fu un fatto qualificante ed innegabile, anche se si espresse in maggior parte come contributo individuale e solo in alcune zone come fatto organizzato.

Quindi è chiaro che questa partecipazione si espresse principalmente in quelle zone dove vi era una grossa tradizione libertaria e, dato non indifferente, anche attraverso altre formazioni partigiane, come le Brigate Garibaldi (comunisti), le Brigate Matteotti (socialisti) e quelle di Giustizia e Libertà (GL). Di conseguenza è difficile stabilire con precisione il numero degli anarchici partigiani, anche se qualcuno ha tentato, valutando questa partecipazione nel numero di 18.000-20.000 unità.

Lombardia

Milano

A Milano forte era la presenza degli anarchici e reale la loro incidenza nella classe. Quindi fu uno dei primi luoghi in cui gli anarchici si organizzarono in formazioni proprie. Gli anarchici milanesi ebbero una figura di primo piano in Pietro Bruzzi, torturato e poi fucilato dai fascisti. Dopo la sua morte, gli anarchici costituirono le Brigate Bruzzi e Malatesta che, secondo uno storico della resistenza, socialista, contavano non meno di 1.300 uomini. Le due brigate avevano la sede del loro comando nello stabilimento Carlo Erba ed erano presenti nel quartiere di Porta Ticinese. Il giorno dell’insurrezione, il 25 aprile, ebbero un ruolo molto importante: disarmarono una colonna tedesca vicino ad Affiori, così poterono di fatto controllare tutta la zona industriale.

Il 26 occuparono le scuole di Via Maciochini e controllarono le arterie che conducono al Sempione e a Porta Garibaldi. Fu conquistata e controllata la caserma Mussolini e la centrale elettrica. La caserma della Xª MAS fu espugnata da gruppi anarchici e lo stesso avviene per altre caserme. Le Brigate Malatesta occuparono lo stabilimento Triplex, la radio (assieme ad altre formazioni) delle ferrovie del Sempione, del Comune di Pero, di posti di polizia. Dopo qualche giorno, iniziarono da parte delle Brigate le requisizioni di viveri, indumenti e l’immediata distribuzione alla popolazione. Prese corpo anche la trasformazione di fabbriche e officine appartenenti ai fascisti in cooperative, inizia l’eliminazione di fascisti e spie.

Pavia, Como, Brescia e Lomellina

A Como agì la Banda “Amilcare Cipriani” comandata da Tarcisio Robbiati; nella zona di Pavia le Brigate Bruzzi e Malatesta, nello specifico la 2a Brigata “Errico Malatesta“, furono al comando di Antonio Pietropaolo; a Brescia l’ala anarchica (Bortolo Ballarini e Ettore Bonometti tra gli altri) confluì in una formazione mista Giustizia e Libertà e Garibaldina.

Piemonte

Torino

A Torino gli anarchici furono in prima fila nella lotta insurrezionale. La loro roccaforte si trovava alle Ferriere FIAT e in genere in tutta la zona della Barriera Milano, dove operava il 33° Battaglione S.A.P. Pietro Ferrero (in onore e in ricordo di Pietro Ferrero). Tra gli antifascisti anarchici che persero la vita vanno segnalati Dario Cagno e Ilio Baroni. Altri compagni anarchici furono presenti nell’astigiano, in particolare Taraglino, che partecipò ai moti spartachisti del 1919 in Germania.

Toscana

Carrara

A Carrara e in tutto l’Appennino ligure-tosco-emiliano gli anarchici operarono con 3 formazioni ed una divisione, oltre che decine di altri gruppetti. La prima a formarsi fu il Battaglione Gino Lucetti (in onore e in ricordo di Gino Lucetti), comandata da Ugo Mazzucchelli; in zona inoltre operarono la “Michele Schirru“, la divisione “Garibaldi Lunense”  e la formazione “Elio Wochiechewich“, in cui militarono anche Belgrado Pedrini e Giovanni Mariga (a quest’ultimo, dopo la fine della guerra, venne assegnata la medaglia d’oro al valor militare, che fu da lui rifiutata per coerenza con i suoi valori anarchici). Altri gruppi che operarono nella zona furono: Elio, Sap R.Macchiarini, SapFai.

La Resistenza anarchica fu particolarmente sviluppata in queste zone, sia perché luoghi dalle solide tradizioni libertarie e sia perché vennero perpetrati massacri immondi da parte dei nazifascisti come quello di Sant’Anna di Stazzena (560 morti), di Vinca (173 morti) e di San Terenzo Monti (163 morti), tutti fatti dell’agosto 1944, che in pratica incrementarono l’odio nei confronti dei fascisti . Di fatto in queste zone furono gli anarchici a guidare l’insurrezione popolare contro il fascismo, e questo provocò non pochi scontri con le formazioni del Partito Comunista, scontri che furono messi a tacere in nome dell’unità tra i partigiani.

Pistoia e Lucca

A Pistoia le prime formazioni partigiane furono formate da anarchici e da militanti del Partito Comunista Libertario (nato nel 1939). Tra queste sono da segnalare le Squadre Franche Libertarie e la formazione che alla morte del loro comandante prese il nome di “Silvano Fedi“, formata da 53 elementi. La brigata si costituì come nucleo ad opera di Egisto Gori e Minos Gori , Tito Eschini e Mario Eschini, Tiziano Palandri e Silvano Fedi. La “Fedi” a Purvica, non si preoccupò solo della lotta armata, ma anche di organizzare la vita sociale della popolazione: convinsero i contadini a battere il grano che essi avrebbero lasciato marcire per la mancanza di mercato, impiantarono un forno in cui lavorano fissi 2 compagni anarchici e distribuirono il pane gratuitamente alla popolazione.

Fu anarchica la prima formazione partigiana ad entrare in Pistoia, comandata dal compagno Artese Benesperi. Alle 5 della mattina, la bandiera rossa e nera sventolava sul campanile del duomo, alle 10 però fu sostituita da quella tricolore. A Lucca e nella Garfagnana agì la brigata autonoma Manrico Ducceschi, formata in buona parte da anarchici, che riuscì a catturare circa 8000 nazifascisti, anche se al prezzo di 300 perdite umane .

Livorno, Pisa e Grosseto

A Livorno gli anarchici si impossessarono per primi delle armi custodite nelle caserme della città e nei locali dell’accademia navale di Antignano; molti anarchici finirono poi inquadrati nei Gap e nelle Brigate d’assalto Garibaldi. Altre zone a forte influenza anarchica ci furono a Pisa e nella Maremma. Nomi particolarmente conosciuti sono: Virgilio Antonelli, confinato ed incarcerato dai fascisti dal 1926 al 1941 e Giovanni Biagini.

A Grosseto si ricorda Pietro Bianconi (Piombino 1924 1992), partecipò alla Resistenza prima come gappista nelle file del Partito d’Azione, poi nella III Brigata Garibaldi sui monti del grossetano. Un tribunale repubblichino lo condannò a morte nel ’44; membro del Direttivo nazionale della CGIL fino al ’59, collaboratore a giornali e riviste della sinistra extraparlamentare ed anarchiche, condannato più volte dal ’68 al ’72, imprigionato per la sua attività di scrittore antimilitarista anarchico .

Firenze

A Firenze si formò una Banda partigiana sul Monte Morello, comandata da Lanciotto Ballerini di tradizione libertaria familiare. Lanciotto, che morirà in combattimento, affrontò da solo i fascisti, permettendo la salvezza a molti suoi compagni e riuscendo ad infliggere grosse perdite ai nazifascisti.

Veneto

Verona

A Verona l’anarchico Giovanni Domaschi fondò ed organizzò il CLN operante in zona, dal 1922 al 1943 aveva subito 11 anni di carcere fascista e 9 di confino con all’attivo 2 evasioni , dopo l’ultima delle quali fu portato a Dachau, ove morì.

Friuli

Una parte di anarchici operò all’interno di formazioni comuniste, ad esempio nella divisione “Garibaldi-Friuli”, mentre a Trieste Giovanni Bidoli coordinò il lavoro delle squadre autonome anarchiche con i partigiani di altra estrazione politica. Bidoli verrà deportato nei campi di concentramento tedeschi, da cui non tornerà mai più, così come Carlo Benussi. Nicola Turcinovich, già miliziano della “Colonna Francisco Ascaso” (comandata per un certo periodo da Carlo Rosselli, di cui nel seguito porterà il nome), da Trieste va a Genova combatté con le squadre anarchiche locali. Fra questi i partigiani anarchici della zona si ricorda Italo Cristofoli caduto durante un attacco alla caserma dell’esercito tedesco a Sappada.

Carnia

Sin dall’8 settembre si costituirono dei piccoli gruppi locali che iniziano a raccogliere i soldati della divisione Julia e ad inviarli nelle montagne a combattere. In Carnia i partigiani anarchici costituirono una zona libera autogestita, sul tipo repubblica partigiana, iniziando inoltre un’opera sistematica di “esproprio” delle armi dalle caserme fasciste. Guidava le operazioni l’operaio anarchico Italo Cristolfi (detto Aso). Gli anarchici successivamente si inseriscono nei quadri della divisione GaribaldiFriuli, dando prova di grande valore (Aso fu ucciso nell’assalto ad una caserma tedesca).

Liguria

Genova

Uno dei primi momenti di rivolta contro i nazifascisti a Genova fu messo in atto da Eugenio Maggi, anarchico di Sestri Ponente, dove era presente un forte sentimento antifascista e il ricordo della Difesa della Camera del lavoro di Sestri Ponente ad opera degli Arditi del Popolo. A Genova operarono squadre di azione anarchiche nella zona di Genova-Arenzano e squadre di azione della Federazione Comunista Libertaria a Genova-Sestri (a cui deve aggiungersi la Brigata Pisacane).

Tra gli anarchici più attivi nella resistenza genovese si ricordano Bianconi (membro del CNL di Pontedecimo), Grassini (della “formazione Malatesta”), Caviglia, Sardini, Pittaluga ecc.. Quest’ultimo nelle ultime fasi della lotta per la liberazione della città, circondato dai tedeschi asserragliati nell’albergo Eden, all’invito di arrendersi risponde con il lancio di una bomba a mano, cadendo poi ucciso dai fascisti. Oltre a queste zone, dove gli anarchici ebbero un peso determinante, sono da segnalare delle presenze interessanti anche in altre zone: a Trieste ed in Istria operano numerosi anarchici anche se non costituiscono formazioni proprie, ma lavorano assieme alle formazioni comuniste.

La Spezia, Sarzana

Nella zona della Spezia e Sarzana operarono diverse formazioni partigiane in stretto rapporto con quelle di Carrara e della Lunigiana. Due consistenti gruppi erano comandati da due anarchici, Fernando Contri e Del Carpio; nella zona caddero in scontri a fuoco coi nazifascisti altri due partigiani anarchici assai conosciuti: Renato Olivieri, che aveva già subito 23 anni di carcere fascista, e Renato Perini.

Emilia Romagna

Ravenna

A Ravenna, numerosi furono gli anarchici che parteciparono alla lotta nella 26^ Brigata Garibaldi. Fra i più attivi: Guglielmo Bartolini e Pirro Bartolazzi del CNL provinciale, Merli anche lui del CNL, Melandri, Bosi, Gatta, Galvani. Si ricordano ancora, Pasquale Orselli comandante della prima squadra partigiana che giunge a Ravenna per la Liberazione, Fabio Melandri, responsabile settore sostentamento e munizioni che verrà ucciso con la figlia dai nazifascisti.

Bologna, Modena, Reggio Emilia

Nelle zone di Bologna e Modena sono da ricordare per numero ed importanza di azioni militari Primo Bassi di Imola, Vindice Rabitti, Ulisse Merli, Aladino Benetti, Attilio Diolaiti che fu fucilato nel 1944 alla Certosa; questo è di particolare rilievo in quanto aveva partecipato ed organizzato le prime brigate partigiane di Imola, militando nella formazione “Bianconcini” e fu presente anche a Bologna con la formazione “fratelli Bandiera” e la 7a Gap.

A Reggio Emilia la 26a brigata d’assalto “Garibaldi” prese il nome di Enrico Zambonini , anarchico fucilato su ordine del Tribunale speciale e poi catturato con gli uomini della squadra di Don Pasquino Borghi, partigiano combattente in contatto con i fratelli Cervi e fucilato con Don Pasquino Borghi a Villa Minozzo, nella cui piazza comunale è ora presente una lapide che ricorda il suo «Viva l’Anarchia» urlato in faccia al plotone di esecuzione.

Piacenza

A Piacenza, operarono due anarchici molto stimati e conosciuti, Savino Fornasari e Emilio Canzi. Quest’ultimo divenne comandante di tre divisioni e di 22 brigate, per un totale di 11.000 uomini. Partecipò attivamente alla ricostruzione del movimento comunista anarchico fino alla sua morte, in un incidente alquanto strano, nel novembre 1945.

Marche

Nelle Marche operarono alcune formazioni anarchiche non autonome, che tuttavia confluirono in diverse Brigate Partigiane ad Ancona, Fermo e Sassoferrato. A Macerata morì Alfonso Pettinari, vittima della repressione fascista (aveva subito molti anni di confino) e commissario politico di una brigata Garibaldi.

Lazio

È da segnalare la presenza di bande partigiane libertarie a Roma, delle quali facevano parte tre militanti libertari che furono uccisi nell’eccidio delle Fosse Ardeatine. A Roma gli anarchici operarono in diverse formazioni partigiane, a parte il gruppo autonomo di operai a comando di Riziero Fantini .  Le formazioni partigiane in cui erano presenti anarchici furono: Bandiera Rossa Roma, in cui militarono Raffaele De Luca ed Umberto Scattoni , ma principalmente nelle formazioni di Giustizia e Libertà comandate da Vincenzo Baldazzi, amico di Aldo Eluisi , azionista ma molto vicino ideologicamente al movimento anarchico. I due legati da antica e profonda amicizia furono fra i fondatori degli Arditi del Popolo, provenendo entrambi dalle fila degli Arditi, Baldazzi aveva avuto come maestro Errico Malatesta. Altro partigiano anarchico molto conosciuto fu Ettore Dore miliziano antifascista in Spagna nella Colonna Ascaso.

Sud Italia

Solo in Sardegna e in Puglia le Forze Armate italiane riuscirono da sole a sconfiggere i nazifascisti, nel resto del meridione ci furono molte rivolte e sollevazioni popolari, soprattutto nelle campagne, ma non solo (a Napoli tutta la popolazione si rivoltò per scacciare i nazisti). A Cosenza, nel 1943, l’anarchico ferroviere Nino Malara fu tra i protagonisti della sollevazione antifascista e tra i fondatori del “Comitato di Liberazione per il Fronte Unico“.

Toino D’Orazio