Dare voce a migranti e rifugiati: Intervista con Bruno Di Biase, presidente dell’IMA Australia e segretario FILEF Sydney

Bruno Di Biase (Sydney)

La pandemia che ci affligge già da oltre due anni ha nuovamente dimostrato le continue disparità di trattamento di poveri, migranti e rifugiati sia in Australia che in altri paesi con alta presenza di migranti, rifugiati e richiedenti asilo.

In Australia, lo sfruttamento dei lavoratori migranti è in aumento. Ciò è dovuto alle politiche oggi applicate ai migranti considerati non più potenziali cittadini australiani ma come “lavoratori ospiti”. Queste politiche limitano il loro potere contrattuale in termini di salari e condizioni.

Negli anni ‘70 fino alla metà degli anni ‘90, erano in vigore politiche che assicuravano ai lavoratori stranieri gli stessi diritti dei locali e facilitavano la residenza permanente e la cittadinanza. Oggi non più. Ed è in questo contesto che è stata lanciata la sezione Australiana dell’International Migrant Alliance (IMA Australia) il 18 dicembre (2021), giorno internazionale dei migranti.

La Sydney Criminal Lawyers ha intervistato Bruno Di Biase, professore associato alla Western Sydney University, e appena eletto a presidente della sezione australiana dell’IMA, sull’impatto che la pandemia ha avuto sulle popolazioni migranti, la questione della migrazione forzata, e di come una voce unita dia potere a coloro che sono spesso messi a tacere.

La sezione Australiana dell’International Migrants Alliance è stata recentemente lanciata come parte della più ampia associazione globale IMA di migranti, rifugiati e sfollati. Il tema dell’evento era “marciare verso un mondo senza migrazioni forzate”. Professor Di Biase, può parlare un po’ del significato del tema della migrazione forzata?

Le migrazioni forzate sono dovute a situazioni di guerra o di estrema difficoltà economica. Questo essenzialmente costringe le persone a cercare una situazione migliore. La nostra marcia verso un mondo senza migrazioni forzate è una campagna di associazioni di migranti che si battono per una

società dove non ci siano guerre. È un ideale – un’utopia, ma non ci dovrebbero essere guerre e crisi economiche spesso dovute allo sfruttamento capitalistico incontrollato, che spostano masse di persone e le costringono a lasciare tutto dietro di sé. A nessuno piace lasciare la propria terra natale.

Spesso, devono lasciare la loro famiglia. Ciò significa che le nazioni devono cercare di affrontare le ragioni economiche per cui le persone sono costrette a partire.

L’IMA mira a unire i migranti e i rifugiati in questo paese come mezzo per sostenere i loro diritti.

Quali sono alcune caratteristiche peculiari all’Australia?

Ci sono politiche australiane che sono molto discriminatorie verso migranti e rifugiati. La peggiore, naturalmente, è la politica di detenzione dei cosiddetti migranti illegali o dei richiedenti asilo. Questo è un problema di diritti umani di queste persone che vengono negati, perché non hanno un altro posto dove andare. Alcuni sono oggi in detenzione da oltre otto anni.

Ci sono poi lavoratori migranti che aiutano l’economia australiana. Ma succede che il governo nega loro il Medicare e altri servizi, ma questi lavoratori devono comunque pagare le tasse come i residenti permanenti.

Questi lavoratori migranti devono persino pagare una tassa sull’istruzione per mandare i figli alla scuola pubblica. Questo andrebbe bene se andassero in scuole private, ma non per la scuola pubblica. Non è giusto.

Per non parlare poi dei visti di residenza permanente che oggi sono sempre più elusivi. I lavoratori devono essere sponsorizzati dal datore di lavoro. Sono in una situazione in cui devono, gioco forza, accontentare al massimo il datore di lavoro, per esempio non rivendicando i loro diritti, e farlo per molto tempo al fine di ottenere la sponsorizzazione. C’è bisogno di una revisione di tutte queste politiche.

Il governo australiano è stato condannato per il suo trattamento delle persone che arrivano qui dopo essere fuggite dalla persecuzione in altri paesi. Cosa ne pensa?

Il governo australiano spende milioni per mantenere i centri di detenzione qui e all’estero. È ridicolo, quando queste persone potrebbero essere facilmente sistemate. Ci sono molteplici casi che dimostrano che il governo australiano si posiziona contro i rifugiati e i richiedenti asilo. Per esempio, non li lascerebbe nemmeno andare in Nuova Zelanda, mentre il governo neozelandese ha detto che avrebbe accolto alcuni dei richiedenti asilo. Incredibile! Ok, se non sei disposto a gestire il problema, almeno lascia che lo faccia qualcun altro. Lo trovo davvero inconcepibile. E la situazione dei rifugiati peggiora a causa del COVID.

IMA Global è stata lanciata nel 2008. Come è nata? E quali risultati ha ottenuto?

Sono stato a Hong Kong. E ho notato che la domenica c’erano migliaia di lavoratori domestici migranti che si riunivano. Non me ne rendevo conto. Ho solo visto migliaia di persone che si riunivano. E ho chiesto a una di loro, che mi ha detto che si incontrano la domenica perché hanno tutti del tempo libero.

L’IMA è iniziata da lì, dai lavoratori domestici migranti di Hong Kong a causa dello sfruttamento di alcuni di questi lavoratori da parte datori di lavoro. I lavoratori, anzi molto più spesso, le lavoratrici, che vengono dalle Filippine, dall’Indonesia e altri paesi asiatici, hanno iniziato a organizzarsi. Così, IMA Global ha ottenuto una voce diretta a livello internazionale per le lavoratrici e lavoratori in queste situazioni. Si tratta di associazioni di migranti in diverse nazioni che si uniscono.

Ci sono organizzazioni a livello internazionale che hanno discusso i problemi dei migranti e dei rifugiati. Ma queste persone non vivono con questi problemi. Mancava la voce delle persone che stanno effettivamente vivendo queste situazioni. Così, l’IMA è stata formata per dar loro una voce a livello internazionale, per sollevare le questioni migratorie e anche per avere un ruolo nel loro monitoraggio. Sosteniamo cioè la voce diretta dei migranti e dei rifugiati nella discussione internazionale.

Lei ha menzionato COVID-19. Il vostro capitolo locale si è lanciato a due anni da una pandemia globale. In che modo l’insorgenza del virus ha colpito particolarmente le persone che l’IMA rappresenta?

Li ha colpiti duramente, sia nei paesi d’origine che in quelli di emigrazione. Nei paesi d’origine, la pandemia ha aggravato la povertà e le difficoltà, perché i governi hanno fallito a controllarla. Per esempio le Filippine e l’Indonesia hanno avuto grandi problemi nell’affrontare la pandemia, ma anche le nazioni economicamente avanzate, come da noi, gli immigrati con visti temporanei, i rifugiati e anche gli studenti stranieri che contribuiscono moltissimo all’economia Australiana, sono stati privati della rete di sicurezza che era prevista per tutti gli altri, sono stati abbandonati a se stessi, senza alcun aiuto.

Direbbe che questa esperienza di migranti e rifugiati lasciati fuori dalla risposta alla pandemia è stata comune in tutte le nazioni sviluppate?

Sì, è comune, praticamente ovunque. In un certo senso, si potrebbe comprendere in termini di governi che hanno a che fare con questo problema per la prima volta. Ma non gli si può perdonare l’abbandono e la mancanza di tutela dei più poveri ed emarginati, esseri umani come noi.

Lei ha detto ai partecipanti al recente lancio di IMA Australia che per i migranti e i rifugiati paesi come l’Australia dovrebbero cercare soluzioni a lungo termine per evitare almeno alcuni degli esiti negativi che i sistemi neoliberali stanno avendo su di loro. Come potrebbero essere alcune di queste soluzioni a lungo termine?

Una sarebbe quella di creare un’industria che generi posti di lavoro per queste persone nei paesi di migrazione con salari e contratti decenti per i lavoratori migranti, così come incentivi fiscali per i lavoratori a basso reddito. Dover pagare le tasse quando si ha un salario molto basso è inaccettabile, specialmente quando si vedono grandi aziende, come Google, che non pagano un centesimo di tasse. Un’altra cosa importante sarebbe quella di reindirizzare le spese militari e di guerra verso programmi socioeconomici. Sappiamo per esempio che l’Australia dà diversi milioni al governo filippino di Duterte per il suo esercito. Perché darli all’esercito? Perché non finanziare qualche programma socioeconomico che aiuti la gente a non dover emigrare? Allo stesso modo, con l’Indonesia. Le politiche principali dei governi corrotti sono vantaggiose solo per le grandi corporazioni e i militari, che aiutano a tenere sotto controllo le situazioni di protesta.

Infine, professor Di Biase, all’evento di lancio dell’IMA Australia, è stato deliberato un piano d’azione generale di tre anni. Quindi, qual è il prossimo passo della vostra organizzazione in ambito locale?

Al momento siamo molto piccoli. Ma abbiamo intenzione di consultare altre organizzazioni e interloquire con il governo a livello statale e locale per esplorare strade creative su come sostenere queste comunità. Ci rivolgeremo anche ad altre organizzazioni di migranti e rifugiati per lavorare insieme.

Non siamo l’unica organizzazione di questo tipo: ci sono chiese e altri gruppi della società civile che lavorano in questo spazio. Quindi, intendiamo fornire una nuova voce per i migranti e i rifugiati in questo paese.

 

 

Per ulteriori informazioni e per l’adesione a IMA Australia

contattare Bruno Di Biase:

B.DiBiase@westernsydney.edu.au