On line Nuovo Paese di giugno 2021, mensile di Filef Australia

Lo stato di violenza

di Frank Barbaro

 

L’ennesimo pestaggio israeliano ai danni dei palestinesi è un evidente esempio di violenza autorizzata dallo stato.

Hamas non è il problema, ma il sintomo di una lunga sottomissione del diritto palestinese alla terra e alla libertà: il riconoscimento di tale diritto prtrebbe portare alla pace.

La sua assenza legittima Hamas come movimento di resistenza e sopravvivenza, sfruttato da Israele per legittimare la sua aggressione come difesa.

Il conflitto è un classico “Davide contro Golia”.

Israele, una nazione ricca di quasi nove milioni, è una delle potenze militari mondiali riconosciute tra quelle dotate di armi nucleari. I palestinesi nella striscia di Gaza (41 km per 10 km) sono quasi due milioni, circa la metà dei quali si affida agli aiuti alimentari giornalieri.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu nononstante il suo ultimo bombardamento brutale su Gaza non ha evitato importanti grane politiche e legali.

Un’umanità globalizzata dovrebbe quanto meno mettere in discussione l’uso di militari addestrati dallo Stato per portare morte e distruzione.

Sfortunatamente, sembra che la cultura militare sia ancora caratterizzata da una forte attitudine all’attacco, come si evince dal recente messaggio agli elettori dell’Australia occidentale dell’assistente ministro della Difesa, Andrew Hastie.

“Il nostro esercito svolge un ruolo vitale nella società australiana, in caso di pandemia, alluvioni o incendi”, ha scritto Hastie. “Ma il core business dell’ADF sarà sempre l’applicazione della violenza letale nella difesa dei nostri valori, sovranità e interessi. Non dovremmo mai dimenticarlo”.

Il parlamentare liberale, entrato nel Parlamento federale nel 2015, ha prestato servizio nel reggimento del servizio aereo speciale d’élite per cinque anni. Ha dunque partecipato alla guerra in Afghanistan – una futile missione costata molti miliardi di dollari che non ha portato la pace, ottenendo solo il pagamento di un pesante tributo umano, per lo più da parte degli afghani.

 


 

The State of violence

by Frank Barbaro

 

Israel’s pummelling – again – of Palestinians is a too common example of state-sanctioned violence.

Hamas is not the problem but the symptom of a long subjugation of Palestinian right to land and liberty that could deliver peace.

Its absence legitimises Hamas as a movement of resistance and survival, exploited by Israel to legitimise its aggression as defence.

The conflict is a classic David against Goliath struggle.

Israel, an affluent nation of nearly nine million, is one of the world’s military powers recognised as having nuclear weapons.

Palestinians in the Gaza strip of 41km by 10km number nearly two million, about half whom rely on daily food aid.

Israeli Prime Minister Benjamin Netanyahu was facing being removed from office as well as bribery and fraud charges.

His latest brutal bombing of Gaza has not spared Netanyahu from significant political and legal millstones.

However, a globalised humanity must question the use of publicly trained military to wreak death and destruction.

Unfortunately, it seems that military culture is still imbued with a strong attack culture as Australia’s Assistant Defence Minister Andrew Hastie outlined in a message to his West Australian constituents recently.

“Our military serves a vital role across Australian society, whether during pandemic, flood or fire,” Mr Hastie wrote.

“But the ADF’s core business will always be the application of lethal violence in the defence of our values, sovereignty and interests. We should never forget that.”

The Liberal MP, who entered Federal Parliament in 2015, previously served in the elite Special Air Service Regiment for five years, including deployment in the war in Afghanistan – a multi-trillion dollar futile exercise that did not bring peace but extracted a heavy human toll, mostly Afghan.

 

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