Basilicata: “Non lasciamo che i nostri borghi continuino a deperire fino al collasso”

La vicina e il vicino dalla pelle nera ci fanno paura, invece abbiamo fatto l’’abitudine a vivere in un luogo dove e assente la farmacia, la guardia medica, lufficio postale e anche il bar. Il terzo settore che si occupa di accoglienza e disposto a scendere in campo per modificare radicalmente le regole del gioco?

 

di Mimmo Guaragna (*)

E SE UN PARADOSSO SALVASSE LA LUCANIA?
Per favore non apostrofatemi con un tranciante e liberatorio: “sei paradossale”; vi anticipo: sto buttando giù e una provocazione e assumetela come meglio vi aggrada, non dimenticate però che di paradossi è colma la Storia.
Giorni fa la stampa locale riferiva che una famiglia di immigrati è stata accolta dal centro potentino della Fondazione Madre Teresa di Calcutta. Lo si deve al ponte umanitario che da anni impegna la Comunità di Sant’Egidio e le Chiese Protestanti. Questo modello operativo è l’unico esempio positivo e virtuoso di contrasto agli scafisti.

Purtroppo il rapporto tra gli arrivi mediante il ponte umanitario e gli sbarchi quotidiani si avvicina alla differenza tra la massa solare e le dimensioni del piccolo Plutone. Annoveriamo questo dato (ovviamente non riferito all’astronomia) tra i paradossi.

Buona parte degli immigrati che arriva dalle nostre parti rimbalza altrove; è possibile trattenerli, visto che sarebbero utili a noi più che noi a loro? Premettiamo che i numeri che seguiranno sono approssimativi, comunque sufficientemente verosimili e verificabili. Stiamo giocando con la fantasia e qualche licenza ci sia concessa.

I residenti lucani sono scarsi 500mila. Alla scadenza della legislatura regionale proviamo a innalzarli a 700mila, in modo tale che nessuno continui a lamentarsi a causa del tracollo demografico. Dove andiamo a prendere le 200mila unità che mancano all’appello?
Valutiamo per difetto che a occhio e croce circolano nella regione 25mila immigrati non registrati e qualche migliaio candidato a venire rimpatriato; qualora venissero regolarizzati ipso facto e senza tante storie, soprattutto attivando una procedura automatica per i ricongiungimenti familiari, arriviamo alla cifra di 7080mila.
Completiamo il cerchio accogliendo più o meno 30mila famiglie grazie ai ponti umanitari.
La demografia lucana può decollare.

La risposta arriva categorica e inappellabile: “non si può fare!”. Va bene, allora lasciamo che i nostri borghi continuino a deperire fino al collasso. Tanti anni fa proposi all’amministrazione comunale di Cinisello Balsamo di realizzare un centro per immigrati. L’assessora, del Partito Comunista, replicò perplessa: “così ce li ritroviamo qui da tutta la Lombardia”. È un ragionamento che nella sua preoccupazione non manca di logica, però non tiene conto del principio di saturazione, ovvero si arriva ad un punto tale che non c’è più spazio e non è conveniente insistere.
Gli ingolfamenti si provocano quando blocchiamo la circolazione con tappi, barriere e normative cervellotiche.

In teoria la Lucania potrebbe contenere un numero di abitanti dal milione al milione e mezzo, il nostro paradosso si ferma alla metà. È evidente che stiamo scherzando e stiamo sognando. Però qualcuno ci spieghi perché non si può.
I costi sarebbero elevati?
Può darsi, i finanziamenti necessari sarebbero paragonabili a quattro spiccioli se li confrontiamo con la spesa per gli armamenti che inviamo in Ucraina per far morire la povera gente. Il nostro paradosso costerebbe un terzo del Complemento di Sviluppo Rurale regionale.

Ma come si fa ad accogliere tante persone?! Immaginate la confusione e le rimostranze, anche violente, dei nativi, i quali non sono razzisti però di alieni tra i piedi non ne vogliono sapere. Anche questa è una obiezione che ha un suo fondamento: è vero, non siamo preparati all’accoglienza. La vicina e il vicino dalla pelle nera ci fanno paura, invece abbiamo fatto l’abitudine a vivere in un luogo dove è assente la farmacia, la guardia medica, l’ufficio postale e anche il bar.

Al terremoto elettorale delle europee la classe politica sta reagendo ostinandosi a mantenere e ad accentuare tutti i meccanismi che ci hanno regalato una crisi da febbre da cavallo. Qui sta il vero paradosso carico di incertezze e di pericoli; per assuefazione lo stiamo accettando e subendo come fosse una fatalità. In controtendenza è stato eletto al Parlamento Europeo Mimmo Lucano, l’ex sindaco di Riace; si inviti Mimmo a programmare un itinerario coast to coast per illustrarci come sarebbe possibile realizzare qui da noi il mondo dell’utopia e della speranza che per qualche anno si è vissuto a Riace. Il terzo settore che si occupa di accoglienza è disposto a scendere in campo per modificare radicalmente le regole del gioco? Oppure ormai ha fatto il callo e si accontenta di farsi le scarpe per qualche bando predisposto dalle prefetture?

Nel nostro gioco paradossale e provocatorio ci siamo dati cinque anni di tempo per dare nervi, sangue, cuore, muscoli e cervello alla Nostra Terra ormai deperita ed esangue. Quando tutte le altre strade sono giunte al capolinea, l’unica via d’uscita, l’unico percorso praticabile è l’impossibile, è il paradosso.
Nel prossimo quinquennio, checché ne pensi e faccia la politica, niente rimarrà come prima. In meglio o in peggio staremo a vedere; ma per favore non trastulliamoci pettinando le bambole: è un lusso che non ci possiamo permettere.

 

FONTE: CONTROSENSO-Basilicata – N. 26 – 6/7/24

 

(*) – Filef Basilicata